Gli esperimenti sono mai stati trascurati? Ian Hacking e la storia della filosofia

Autori

  • Massimiliano Simons Ghent
  • Matteo Vagelli Université Paris 1 Panthéon-Sorbonne

DOI:

https://doi.org/10.4454/philinq.v9i1.339

Parole chiave:

philosophy of experiment, Ian Hacking, experimentalism, realism, constructivism, Science wars

Abstract

Representing and Intervening (1983) di Ian Hacking è spesso considerato uno dei primi lavori che si sono concentrati sul ruolo della sperimentazione nella filosofia della scienza, dando inizio a un movimento che viene talvolta chiamato “filosofia dell'esperimento” (Hacking, 1988) o “nuovo sperimentalismo” (Ackermann, 1989). Inoltre, negli anni Ottanta, anche altri movimenti e studiosi hanno iniziato a concentrarsi sul ruolo della sperimentazione e degli strumenti nella scienza, dagli studi scientifici (Pickering, 1984; Shapin & Schaffer, 1985; Latour, 1987), a Hans Radder (1984) e alla postfenomenologia (Ihde, 1979). Lo studio filosofico degli esperimenti sembra quindi essere un'invenzione degli anni Ottanta, di cui Hacking è una delle figure centrali.

Questo articolo si propone di valutare questa affermazione storica di Hacking e altri. Innanzitutto, da un punto di vista più ampio della storia della filosofia, questa narrazione dell'invenzione non è corretta, poiché l'esperimento è stato un argomento per filosofi precedenti, da Ernst Mach (1905), Pierre Duhem (1906), Hugo Dingler (1928) a Gaston Bachelard (1934). In secondo luogo, viene problematizzata anche una possibile rivalutazione di questa pretesa storica nella forma di una narrazione di riscoperta, in cui Hacking e altri si limitano a riscoprire il lavoro di questi autori precedenti. La conclusione, tuttavia, non è che Hacking non abbia dato alcun contributo rilevante alla filosofia dell'esperimento né che il clamore suscitato dagli esperimenti negli anni Ottanta debba essere liquidato come storicamente disinformato. Piuttosto, porta a rivalutare il modo in cui valutare la storia della filosofia dell'esperimento e la posizione di Hacking in essa.

Invece di considerare la sperimentazione come un oggetto di ricerca fisso, presente o meno nell'opera di specifici autori, una tesi così essenzialista sugli esperimenti dovrebbe essere abbandonata a favore di una narrazione contestualista che si chiede piuttosto in che modo la sperimentazione diventi un problema filosofico per certi autori e a quale scopo. Questo ci permette anche di ricollocare la filosofia dell'esperimento di Hacking, che non dovrebbe essere valutata solo in base al fatto che sia stato il primo a parlare di esperimenti o meno, ma piuttosto in relazione ai dibattiti specifici in cui interveniva con queste affermazioni. Le affermazioni di Hacking, come il suo argomento sperimentale per la realtà delle entità teoriche, saranno quindi situate all'interno dei suoi dibattiti con la sociologia della scienza (Bloor, 1976; Collins, 1985), il costruttivismo di Bruno Latour (Latour, 1987; 1999) e le guerre della scienza (Hacking, 1999).

 

 

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Pubblicato

2021-02-25

Fascicolo

Sezione

Focus